Luca Bernardoni, CEO e co-founder di Vikey

Vi racconto Vikey, la startup del check-in digitale per le case vacanze

Vikey ha lanciato Vikey Lock, cilindro che rende smart l’apertura di case vacanze, B&B e hotel. Il punto con Luca Bernardoni, CEO e co-founder della società

Siamo convinti che nel giro di pochi anni le chiavi saranno destinate a scomparire dalle nostre tasche e molti degli aspetti della vita quotidiana e del lavoro saranno gestiti interamente da smartphone». Di più. «Le serrature digitali e il self check-in rivoluzioneranno il settore dell’home sharing. Gli ospiti arriveranno in città, sceglieranno un appartamento e potranno accedere immediatamente con la stessa semplicità con cui oggi si sceglie un film on-demand». Parola di Matteo Caruso e Luca Bernardoni, i founder di Vikey, startup italiana (nata nel 2016) del portafoglio di LVenture Group, che si occupa di hospitality (soluzioni per attività ricettive e di accoglienza).

Vikey Lock

L’hospitality è un settore in crescita e c’è spazio per soluzioni innovative, come quelle di Vikey, che agli inizi di settembre ha lanciato Vikey Lock, un cilindro che rende smart l’apertura di case vacanze, hotel e B&B ed elimina le chiavi di casa, un servizio di check-in digitale, con la possibilità di aprire la porta di casa a distanza via smartphone.

Come funziona. Vikey Lock si installa sulla porta di casa al posto del cilindro europeo e rende la serratura digitale, apribile da cellulare. Il vantaggio per i professionisti è che la nuova tecnologia si integra con il sistema Vikey: per ogni prenotazione si crea automaticamente un codice univoco e temporizzato che verrà trasmesso a Vikey Lock per l’apertura a distanza.  Gli ospiti possono accedere alla struttura in questo modo: l’host può aprire dall’app Vikey oppure ricevere sul suo telefono la citofonata dell’ospite e aprire direttamente le porte.  

Qui Enlabs

Abbiamo incontrato Luca Bernardoni, 30 anni, romano, ingegnere informatico (come Matteo Caruso), a LUISS Enlabs, dove fa base il team della squadra. Con il CEO abbiamo parlato di  digitalizzazione dell’hospitality, di vecchie serrature che vanno in soffitta, di dispositivi smart, di come vuole crescere Vikey. E anche di viaggi e di futuro.

Luca come nasce l’idea di Vikey?

«Nella nostra compagine societaria avevamo e abbiamo un socio che gestisce numerose case vacanze. Qual era il suo problema? Un ospite può arrivare in qualunque momento, un host può avere check-in simultanei. O hai un super staff per gestire tutto o rischi di rimanere incastrato».

Quando è nata Vikey?

«Nel 2016. All’inizio ci siamo auto-finanziati per sviluppare e testare (anche sugli appartamenti del nostro socio) il prototipo. Lo sviluppo dell’hardware è durato molto. Considera che questo dispositivo deve funzionare sempre e non deve avere difetti di funzionamento. Nel 2017 abbiamo presentato Vikey a LVenture. Li abbiamo convinti e abbiamo chiuso con loro e altri business angel un primo round da 300 mila euro. A quel punto iniziamo a vendere il prodotto e sempre nel 2017 registriamo una crescita costante del 10% ogni mese. Lo scorso anno abbiamo chiuso un secondo round, da 540 mila euro, con LVenture, Italian Angels for Growth (IAG) e Club degli investitori di Torino».

Quanti dispositivi avete venduto finora?

«A oggi abbiamo venduto 2 mila dispositivi tra Italia, Francia, Spagna e Israele».

Non solo hardware però. C’è anche la app.

«Un check-in non è però solo aprire il portone di un palazzo. Come accade per un hotel, la legge ci impone una serie di passaggi burocratici: presentare i nostri documenti, pagare la tassa di soggiorno, firmare il contratto. Da qui lo sviluppo della app, un passaggio fondamentale. Abbiamo fatto in modo che per le case vacanze si potesse fare un check-in automatizzato, digitale e online (come avviene per i voli, per intendersi). I nostri ospiti, prima di arrivare, fanno il check-in online e hanno la chiave (digitale) dell’appartamento. Non è necessaria alcuna presenza fisica dell’host. La chiave è sullo smartphone».

Luca in che modo siete integrati con le piattaforme di hospitality?

«Siamo integrati con Airbnb per ricevere in sincrono le loro prenotazioni. Così anche con booking.com».

E ora che succede?

«Ora vogliamo esportare il nostro prodotto all’estero, nei paesi di cui avevamo parlato. Il primo passo? Mettere su una struttura guidata da un country manager. Ci muoveremo prima in Spagna (Barcellona e Madrid), poi Tel Aviv e Parigi. Inoltre, stiamo lavorando al terzo round».

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